mercoledì 28 dicembre 2011

L'INDIFFERENZA AL MARTIRIO


di Raffaele Iannuzzi

Gli islamici ammazzano brutalmente, con un’ingordigia ancestrale, degna della profezia di violenza e conquista che hanno nel sangue, ma prima di loro c’è la nostra società nichilista perfettamente organizzata sul fondamento in-fondato del tutto lecito.

In un aureo libretto del 1966 ("Cordula, ovverosia il caso serio") Hans Urs von Balthasar, un maestro della teologia cattolica, scrisse che l’identità del cristiano consiste nella sua alterità rispetto al mondo, e che questa alterità si configura come martirio. E’ il martirio il profilo oggettivo e storico dell’identità del cristiano come singolo credente e uomo che vive della sua fede, come afferma san Paolo. Martirio, parola per molti inquietante, deriva dal greco “martirìa” e vuol dire testimonianza. Ne consegue, quindi, che per essere testimoni credibili occorre metterci il corpo fino in fondo, essere disposti a perdere tutto, fino all’effusione del sangue. Tertulliano fu secco e drasticamente chiaro: il sangue dei martiri è il seme della Chiesa. Così è, da sempre. "Come nell'antichità anche oggi la sincera adesione al Vangelo – ha detto Benedetto XVI nel corso dell’Angelus di Santo Stefano - può richiedere il sacrificio della vita e molti cristiani in varie parti del mondo sono esposti a persecuzione e talvolta al martirio". 

In Nigeria, nel giorno di Natale, è stato ucciso un centinaio di persone, e la mano è sempre quella del fondamentalismo islamico, latore dell’ideologia della sharia come unico fondamento della società. Esiste da tempo il franchising scellerato della violenza terroristica islamica, da quando Al Qaeda ha decentrato la sua leva armata, formando e facendo formare sui singoli territori i nuovi assassini dell’islam. Questo in Nigeria è l’ultimo tragico risultato di una scia di sangue che ha strategie, contorni e progettualità ben precise. La Nigeria ha un presidente cattolico, Goodluck Ebele Jonathan, ed è un paese tollerante, con plurali forme e germi di civiltà religiosa, più ispirato al pensiero del profeta della libertà nera ed intellettuale pubblico, il poeta cristiano Léopold Sédar Senghor, che alla violenza ideologica diffusa tra un massacro e l’altro dai seguaci del profeta Maometto. Tutti contro la violenza, nel mondo civile. Tutti, nessuno escluso. Perché non costa niente. L’aveva appunto scritto con lungimiranza profetica Balthasar: una volta attaccati, tutti saranno dalla nostra parte, soprattutto i nostri carnefici. 

Ma, allora, i carnefici dei cristiani nigeriani oggi, e di altre centinaia di migliaia di cristiani in ogni angolo della terra, non sono gli islamici? Certo, loro ammazzano brutalmente, con un’ingordigia ancestrale, degna della profezia di violenza e conquista che hanno nel sangue, ma prima di loro c’è la nostra società nichilista perfettamente organizzata sul fondamento in-fondato del tutto lecito, madama la marchesa. Anche quando, come oggi, non va tutto bene, madama la marchesa, perché c’è la crisi, però è tutto lecito – questo sì – madama la marchesa. Anche la crisi è frutto del massacro della verità e, dunque, della vita nei suoi fondamenti, ma è meglio e più notarilmente accettabile che la questione sia basata sui grandi numeri dei massacri dei cristiani, salvo poi incenerire la verità sulla scorta della sfibrata pietà, del pietismo, e – passaggio finale – custodire il teatro del nulla sulle cui tavole recitano i soliti personaggi in cerca d’autore, così, come se niente fosse. 

L’indifferenza nei confronti del sangue dei cristiani è algoritmica, è un’equazione perfetta, uno straordinariamente ben congegnato “se p, allora q”: se Dio non esiste, tutto è permesso. I cristiani muoiono ogni giorno anche perché si suicidano come testimoni di Cristo, preferendo aderire al grande modello dell’Organizzazione sociale della vita, parlare della Grande Crisi come se non sapessero da dove derivi, inserirsi nei gangli dei nuovi Direttòri para-napoleonici in cerca della “salvezza” atea dell’Italia, che non sfiora neanche di sfuggita la salvezza legata alla nascita del Dio Bambino nella mangiatoia di Betlemme. Ecco il punto: l’indifferenza è in-differenza, ovvero niente fa più la differenza. Dunque: trangugiamo la morte perché questa è una società fondata sulla morte. Perché se sei cattolico, lo dichiari, vivi la tua fede e pensi e agisci secondo essa, sei fregato, punto. Il martirio è “bianco”, in questi casi, ma è l’incunabolo della Nigeria: tutto si tiene. E nessuno ritiene che ciò sia scandalo, pietra d’inciampo, necessario infuso della verità da trangugiare, ora, per rinascere. Ma si continua come gli “uomini impagliati” di Eliot, “che appoggiano l’un l’altro la testa piena di paglia”. E’ lo scenario di oggi; ancora Eliot: “Figura senza forma, ombra senza colore; forza paralizzata, gesto privo di moto”. Tutto si tiene ancora una volta e conduce verso il nulla. 

L’apocalisse è soltanto quello che esprime, vuol dire “rivelazione”, e rivela quel che è già oggi condensato nelle agenzie di prassi sul massacro nigeriano, perché questi tabulati del nulla sono stampati da “uomini impagliati”, dunque cosa mai possono produrre? Non c’è più orrore né reazione, di fronte al macello dei fratelli uomini, perché non ci sono più fratelli in giro, ma automi che schivano i colpi della vita, cadaveri ambulanti che glissano le pietre dell’esistenza, fingendo, così, di poter avere la loro chance di sopravvivenza. Certo, per sopravvivere così ci vuol poco. Parigi val bene una Messa, ma un aborto di respiro non ha bisogno del sacro ad invischiarsi, potente, dappertutto, in ogni piega del giorno. Ha solo bisogno di informazioni, di sapere quanto non lo colpirà: cos’è successo, oggi? Ah sì, cento morti in Nigeria…i soliti fondamentalisti islamici… al solito… Sempre Eliot: ”E’ questo il modo in cui il mondo finisce, non già con uno schianto ma con un piagnisteo”.

(pubblicato su "Il Tempo" del 27 dicembre 2011)

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