sabato 24 dicembre 2011

DI "TECNICA" DELL'IMMATERIALE SI VIVE

di Raffaele Iannuzzi

I tecnici ci piacciono. Non i "tecnici" con le virgolette, non i "tecnici" italioti. Ma gli uomini che fanno della tèchne divina il germe dell'intelligenza, che praticano il lògos divino-umano che fonda la ragion politica.

Errore madornale: i tecnici ci piacciono. Sì, ci piacciono. Sono belli, bravi, buoni e perfino talentuosi, anzi divinamente talentuosi. No, non parliamo dei "tecnici" con le virgolette, come vedete. Quelli sono "tecnici" italioti e, per capire cosa diavolo significhi questo strano aggettivo qualificativo un po' bislacco, potete prendere in mano il "Codice della vita italiana" di Prezzolini: tutto già scritto nel 1921. Ma non di questo si vuole qui trattare. Riparliamo dei tecnici. Degli uomini che fanno della tèchne divina il germe dell'intelligenza. Erano tecnici senza virgolette i Padri della Chiesa. Erano tecnici i Santi. Uomini veri, realizzati. Erano tecnici i politici cattolici e laici - nel senso di agnostici veri - che sapevano, però, leggere un documento di finanza pubblica e un resoconto finale del disavanzo pubblico, insomma, che "sapevano" le "cose". I "tecnici" italioti dicevano: "Dobbiamo fare le cose necessarie". Dopodiché, oggi siamo al sabba delle inconcludenze strutturali: dal fisco-vampiro (e su ciò, sia chiamato in causa il geniale Bonanni: lo zio avrebbe fatto meglio; del resto, secondo Longanesi, ci salveranno le vecchie zie, bastano anche le femmine, dunque...) al welfare-fai-da-te, con pensioni al tritacarne e, triplo salto carpiato, maxi-concorso del Miur per centinaia di migliaia di assunzioni nella scuola, con quasi zero tagli e orientamento strutturale da far-cassa senza ragion politica. Non ci siamo. Sì, ma questi sono i "tecnici" italioti.

Noi, invece, vogliamo parlare dei tecnici divini, dei praticanti il lògos divinoumano che fonda la ragion politica. Cominciamo seguendo le sante e sane gerarchie: il Pontefice. Benedetto XVI ha infatti rimesso il dito nella piaga, dopo averlo fatto per un tot di volte, a dire il vero: "Alla fine dell'anno, l'Europa si trova in una crisi economica e finanziaria che, in ultima analisi, si fonda sulla crisi etica che minaccia il Vecchio Continente". Bum, colpito e affondato, come nella battaglia navale, diletto dei nostri giorni da scolaretti tediati dal/la palloso/a insegnante di turno. Così è, se vi pare, affonda il colpo il Papa, seccamente, con la forza del profeta Malachia: devo dire la verità, sempre. Qual è il vero problema? Lo spread? Ma neanche per idea, questa è materia per parrucconi palloccolosi che campano alle spalle di chi fa profitti veri e che fingono di lavorare, pensa un po' (i nuovi guru... o tempora o mores...). Qui siamo al punto-di-svolta: l'Europa è segnata duramente dalla "stanchezza della fede", dal "tedio di essere cristiani", insomma, alla fine, "manca la forza motivante, capace di indurre il singolo e i grandi gruppi sociali a rinunce e sacrifici". Si badi: il Sommo Pontefice è un "singolarista", anche se non si è mai iscritto al club degli individualisti super-garantiti sedicenti "liberisti", con le prebende al posto giusto, targate rigorosamente "made in Europe" (bello il Mercato, sì, bello osservarlo, guadagnarci, annusare il sudore della fronte di chi ci lavora davvero e poi intascare i benefits dell'iper-Leviatano europeo); sì, il Papa parla di me e di te, dei concreti singoli, che smazzano e faticano, non dei corpi associati e dei decreti "salva-Italia" (ahahahah). Perché al cristianesimo il singolo piace assai. Quel Gesù di Nazareth, che il Gaber, singolarista anarchico osò nominare come "il famosissimo Gesù" (definizione di vero credente: è famoso ciò che nessuno può cessare di notare, no?), è (non "era": è presente) un Singolo. Non è come ci vorrebbe Monti: un parco-buoi al pascolo, pronti a cambiare stalla, a seconda dei padroni, con il latte in subaffitto ai nuovi fittavoli. Sono i singoli a doversi salvare nell'anima e nel corpo.

Ecco, i tecnici divini ragionano così: partiamo dalla realtà del singolo e traiamo le conseguenze. Chi pensa così dà fastidio, canta fuori dal coro, già, poi, quando affonda il colpo, allora sì, che sono ictus potenziali, sentite qua: "Valori come la solidarietà, l'impegno per gli altri, la responsabilità per i poveri e i sofferenti sono in gran parte indiscussi - osserva Benedetto XVI -, però la conoscenza e la volontà non vanno necessariamente di pari passo". Ecco, qui siamo al cuore della vera tecnica del pensiero orientato attivamente verso il mondo: la conoscenza e la volontà. Nel cattolicesimo laico e singolarista del Papa, chi conosce vuole fare certe cose a seconda della conoscenza a sua disposizione. Anzi, come già sapeva l'Habermas non ebreo e trombone, come quello di oggi: la conoscenza si muove a seconda dell'interesse che la guida. Conosce chi vuole sapere per poi fare, operare, cambiare. Punto. Si chiama teleologia, ma non mettiamola sul difficile, i singoli appartenenti ad un popolo lo sanno, sanno quel che scrisse a suo tempo Charles Péguy, nostro maestro, cattolico-socialista e socialista-cattolico, tutto in uno (un vero singolo): ogni problema politico è, in realtà, un problema di mistica. Ossia, chi crede che la realtà non sia manipolabile a proprio piacimento e non sia meramente un ammasso di dati da vagliare appunto "tecnicamente" (attenzione, ci sono le virgolette), costui si muove per conoscere, aiutare gli altri a conoscere, co-generare come un popolo. Non c'è il disegno di "salvare l'Italia", ma il desiderio di condividere una vita, di abbracciare insieme la speranza, nel qui e ora. Questa è la mistica che co-genera la politica.

Ecco, allora, che il Papa indica la strada della mistica co-generatrice di politica: non guardare indietro alla distruzione di Sodoma e Gomorra, come fa la moglie di Lot, vedendosi trasformata in una statua di sale. Ma guardare avanti con un carico di domande generative, nuove. Gli uomini che guardano indietro rimangono pietrificati, diventano statue di sale, vuoti, simili agli uomini di paglia di Eliot. Invece, dalla crisi "emergono domande fondamentali". "Dove è la luce che possa illuminare la nostra conoscenza, non soltanto di idee generali, ma di imperativi concreti? Dove è la forza che solleva in alto la nostra volontà?". Disgregato il "consenso morale", le società si avvitano su se stesse, il potere si trasforma in strumento a disposizione dell'arbitrio tecnocratico, i palazzi diventano luoghi di morte. La storia sta recitando a soggetto: la politica è in agonia; la Chiesa versa in una crisi di fede. L'Avvenimento del Dio che nasce in una mangiatoia è il fatto anche politicamente più rilevante di questo tempo e di sempre: la politica è sempre intrisa di mistica. Piaccia o meno. Quando piace, abbiamo i tecnici divini. Quando se ne ha orrore, si siedono sugli scranni le statue di sale, gli uomini modello moglie di Lot, voltati indietro. Sia come sia, per noi vale la verità antica e sempre nuova: "In hoc signo vinces".

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