di Raffaele Iannuzzi
I tecnici ci piacciono. Non i "tecnici" con le
virgolette, non i "tecnici" italioti. Ma gli uomini che fanno della
tèchne divina il germe dell'intelligenza, che praticano il lògos
divino-umano che fonda la ragion politica.
Errore madornale: i tecnici ci piacciono. Sì, ci
piacciono. Sono belli, bravi, buoni e perfino talentuosi, anzi divinamente
talentuosi. No, non parliamo dei "tecnici" con le virgolette, come
vedete. Quelli sono "tecnici" italioti e, per capire cosa diavolo
significhi questo strano aggettivo qualificativo un po' bislacco, potete
prendere in mano il "Codice della vita italiana" di Prezzolini: tutto
già scritto nel 1921. Ma non di questo si vuole qui trattare. Riparliamo dei
tecnici. Degli uomini che fanno della tèchne divina il germe dell'intelligenza.
Erano tecnici senza virgolette i Padri della Chiesa. Erano tecnici i Santi.
Uomini veri, realizzati. Erano tecnici i politici cattolici e laici - nel senso
di agnostici veri - che sapevano, però, leggere un documento di finanza
pubblica e un resoconto finale del disavanzo pubblico, insomma, che
"sapevano" le "cose". I "tecnici" italioti
dicevano: "Dobbiamo fare le cose necessarie". Dopodiché, oggi siamo
al sabba delle inconcludenze strutturali: dal fisco-vampiro (e su ciò, sia
chiamato in causa il geniale Bonanni: lo zio avrebbe fatto meglio; del resto,
secondo Longanesi, ci salveranno le vecchie zie, bastano anche le femmine,
dunque...) al welfare-fai-da-te, con pensioni al tritacarne e, triplo salto
carpiato, maxi-concorso del Miur per centinaia di migliaia di assunzioni nella
scuola, con quasi zero tagli e orientamento strutturale da far-cassa senza
ragion politica. Non ci siamo. Sì, ma questi sono i "tecnici"
italioti.
Noi, invece, vogliamo parlare dei tecnici divini, dei
praticanti il lògos divinoumano che fonda la ragion politica. Cominciamo
seguendo le sante e sane gerarchie: il Pontefice. Benedetto XVI ha infatti
rimesso il dito nella piaga, dopo averlo fatto per un tot di volte, a dire il
vero: "Alla fine dell'anno, l'Europa si trova in una crisi economica e
finanziaria che, in ultima analisi, si fonda sulla crisi etica che minaccia il
Vecchio Continente". Bum, colpito e affondato, come nella battaglia
navale, diletto dei nostri giorni da scolaretti tediati dal/la palloso/a
insegnante di turno. Così è, se vi pare, affonda il colpo il Papa, seccamente,
con la forza del profeta Malachia: devo dire la verità, sempre. Qual è il vero
problema? Lo spread? Ma neanche per idea, questa è materia per parrucconi palloccolosi
che campano alle spalle di chi fa profitti veri e che fingono di lavorare,
pensa un po' (i nuovi guru... o tempora o mores...). Qui siamo al
punto-di-svolta: l'Europa è segnata duramente dalla "stanchezza della
fede", dal "tedio di essere cristiani", insomma, alla fine,
"manca la forza motivante, capace di indurre il singolo e i grandi gruppi
sociali a rinunce e sacrifici". Si badi: il Sommo Pontefice è un
"singolarista", anche se non si è mai iscritto al club degli individualisti
super-garantiti sedicenti "liberisti", con le prebende al posto
giusto, targate rigorosamente "made in Europe" (bello il Mercato, sì,
bello osservarlo, guadagnarci, annusare il sudore della fronte di chi ci lavora
davvero e poi intascare i benefits dell'iper-Leviatano europeo); sì, il Papa
parla di me e di te, dei concreti singoli, che smazzano e faticano, non dei
corpi associati e dei decreti "salva-Italia" (ahahahah). Perché
al cristianesimo il singolo piace assai. Quel Gesù di Nazareth, che il Gaber,
singolarista anarchico osò nominare come "il famosissimo Gesù"
(definizione di vero credente: è famoso ciò che nessuno può cessare di notare,
no?), è (non "era": è presente) un Singolo. Non è come ci vorrebbe
Monti: un parco-buoi al pascolo, pronti a cambiare stalla, a seconda dei
padroni, con il latte in subaffitto ai nuovi fittavoli. Sono i singoli a
doversi salvare nell'anima e nel corpo.
Ecco, i tecnici divini ragionano così: partiamo dalla
realtà del singolo e traiamo le conseguenze. Chi pensa così dà fastidio, canta
fuori dal coro, già, poi, quando affonda il colpo, allora sì, che sono ictus
potenziali, sentite qua: "Valori come la solidarietà, l'impegno per gli
altri, la responsabilità per i poveri e i sofferenti sono in gran parte
indiscussi - osserva Benedetto XVI -, però la conoscenza e la volontà non vanno
necessariamente di pari passo". Ecco, qui siamo al cuore della vera
tecnica del pensiero orientato attivamente verso il mondo: la conoscenza e la
volontà. Nel cattolicesimo laico e singolarista del Papa, chi conosce vuole
fare certe cose a seconda della conoscenza a sua disposizione. Anzi, come già
sapeva l'Habermas non ebreo e trombone, come quello di oggi: la conoscenza si
muove a seconda dell'interesse che la guida. Conosce chi vuole sapere per poi
fare, operare, cambiare. Punto. Si chiama teleologia, ma non mettiamola sul
difficile, i singoli appartenenti ad un popolo lo sanno, sanno quel che scrisse
a suo tempo Charles Péguy, nostro maestro, cattolico-socialista e
socialista-cattolico, tutto in uno (un vero singolo): ogni problema politico è,
in realtà, un problema di mistica. Ossia, chi crede che la realtà non sia
manipolabile a proprio piacimento e non sia meramente un ammasso di dati da
vagliare appunto "tecnicamente" (attenzione, ci sono le virgolette),
costui si muove per conoscere, aiutare gli altri a conoscere, co-generare come
un popolo. Non c'è il disegno di "salvare l'Italia", ma il desiderio
di condividere una vita, di abbracciare insieme la speranza, nel qui e ora.
Questa è la mistica che co-genera la politica.
Ecco, allora, che il Papa indica la strada della mistica
co-generatrice di politica: non guardare indietro alla distruzione di Sodoma e
Gomorra, come fa la moglie di Lot, vedendosi trasformata in una statua di sale.
Ma guardare avanti con un carico di domande generative, nuove. Gli uomini che
guardano indietro rimangono pietrificati, diventano statue di sale, vuoti,
simili agli uomini di paglia di Eliot. Invece, dalla crisi "emergono
domande fondamentali". "Dove è la luce che possa illuminare la nostra
conoscenza, non soltanto di idee generali, ma di imperativi concreti? Dove è la
forza che solleva in alto la nostra volontà?". Disgregato il
"consenso morale", le società si avvitano su se stesse, il potere si
trasforma in strumento a disposizione dell'arbitrio tecnocratico, i palazzi
diventano luoghi di morte. La storia sta recitando a soggetto: la politica è in
agonia; la Chiesa versa in una crisi di fede. L'Avvenimento del Dio che nasce
in una mangiatoia è il fatto anche politicamente più rilevante di questo tempo
e di sempre: la politica è sempre intrisa di mistica. Piaccia o meno. Quando
piace, abbiamo i tecnici divini. Quando se ne ha orrore, si siedono sugli
scranni le statue di sale, gli uomini modello moglie di Lot, voltati indietro.
Sia come sia, per noi vale la verità antica e sempre nuova: "In hoc signo
vinces".
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