giovedì 16 febbraio 2012

DE MAGISTRIS E LA DEMOLIZIONE DELL'EPOS


 Di Francesco Natale


"Abbiamo consentito che i nuovi "maestri del pensiero", da Corrado Augias ad Eugenio Scalfari passando per Paolo Flores d'Arcais e Hans Kung demolissero, con diuturna perseveranza, gli archetipi che, per loro stessa natura, stavano alla base della nostra civiltà occidentale"


Sono ancora fresche le immagini del tostissimo spot che Clint Eastwood ha girato per Chrysler in occasione del Superbowl, tutto mascella quadrata, voce di cartavetro e american dream a bizzeffe. Un uomo, un attore e un regista, Clint, che forse più di ogni altro incarna oggi l'immagine di quell'America "as it should be", ovvero "come dovrebbe essere".

E...da questa parte dell'Occidente a noi che cosa tocca?

Semplice: Luigi De Magistris che in un video di rarissima guapperia dà del "tu" ad Al Pacino, straparla di una Napoli digitale proiettata al futuro (quando riuscirà a digitalizzare la rumenta ne riparleremo...), e invita la grande star americana a presentare il suo ultimo film, "Wild Salomé" nella capitale partenopea.

Illuminante, tra le innumerevoli perle, il seguente passaggio: "(...) Comunico per la prima volta con te (Al Pacino -nda-) a una telecamera per manifestare il mio grandissimo apprezzamento per la tua storia di attore, per quello che hai fatto anche nell'impegno sociale e civile in tanti film, da Serpico, il Padrino, Scarface che è diventato per i criminali anche un modo, come dire, da seguire nelle ville della Camorra e che oggi invece lo Stato ha ripreso per farne dei beni confiscati destinati alla società".

Cosa avrà voluto dire quest'uomo e, soprattutto, cosa mai si aspetterà che capisca di questa ardita circonvoluzione linguistica l'amico Al?

Ora, nessuno pretende da un ex magistrato un contegno linguistico da cruscante, tuttavia questo, più che il Sindaco di Napoli, pare il Sindaco di Palomonte e Contursi Terme (qui il link per sapere di chi stiamo parlando: http://www.youtube.com/watch?v=iCMK2Njj9Es)

Materiale da (odiosissima, per carità) Gialappa's Band, insomma.

Ma al di là della sguaiata comicità involontaria, il "discorso" di De Magistris pone qualche non banale spunto di riflessione.

E' fisiologico, infatti, che un Sindaco cerchi di fare marketing iperbolico a favore della propria città, nulla da dire.

Quello che colpisce qui, però, è l'insieme di "pilastri valoriali" a cui De Magistris fa riferimento: l'impegno sociale e civile, la Napoli cibernetica di Iksos (???), una "Napoli che ha il cuore rivolto al Sud del Mondo ma lo sguardo puntato a Nord" qualunque cosa ciò possa significare, una spruzzata di Camorra-ville-confisca che non guasta mai e il "crossroad" socio-culturale che, stando al signor Sindaco, caratterizza da sempre la sua città (che si sia confuso con la Istambul dei Litfiba?).

E' un chiarissimo (almeno questo...) richiamo agli odierni valori che connotano l'eroismo moderno, tutto fatto di "solidarietà", "tolleranza", "digitale", "multiculturale", "antimafia", "educazione fiscale", "accoglienza", verde speranza, giallo canarino e rosso fuoco. Parole di nebbia, insomma: prive di qualsivoglia significato concreto, ovvero aderente alla Realtà, ma che sono in grado di affabulare immediatamente una platea dall'encefalo bollito e salmistrato ormai inossidabilmente convinta che la semplice parola, soprattutto se pronunciata da cotanto oratore, abbia capacità demiurgiche, ovvero basti da sola a modificare come per magia la Realtà fattuale.

Questo è il dato più preoccupante: dopo il Gottverdammerung, ovvero la disintegrazione degli archetipi tradizionali, e con l'avvento del "gandhismo" (che è roba ben diversa rispetto a Gandhi), ecco l'alba della nuova generazione di eroi: Gino Strada, i delatori fiscali, Rigoberta Menchu Tum, Vandana Shiva, Ward Churchill, Eddie Vedder, Sinead O'Connor e altro ciarpame del genere.

Il fenomeno è presto spiegabile: esiste da parte dell'individuo una necessità latente di identificazione con qualcosa che sia "altro" da sé e "migliore" del sé, la qual cosa non implica necessariamente un complesso di inferiorità o l'insoddisfazione caratteristica del maniaco depressivo, quanto più la scelta di un modello positivo da seguire.

E'esattamente in quest'ambito di autoricerca che rileviamo gli effetti più devastanti del positivismo, qui inteso come materialismo puro volto alla demolizione del mito, cioè dell'epos: abbiamo consentito che Bernardo di Chiaravalle venisse degradato al rango di squadrista xenofobo, che San Giorgio venisse considerato un pericoloso nemico dell'ambiente vista la strage di rettili di cui si è reso responsabile, che Capitan America fosse bollato come alfiere dello sciovinismo imperialista statunitense, che Artù venisse ricordato solo come gran cornuto e, al contempo, che Lancillotto divenisse portabandiera del libero amore in libero regno (con buona pace di Chretienne de Troyes...), che i Saxon fossero chiamati porci fascisti perché hanno pubblicato nel 1984 un disco (bellissimo, per altro) intitolato profeticamente "Crusader". Ultimo ma non ultimo, abbiamo pure consentito che quel saltafossi tristanzuolo di Francesco Nuti profanasse uno (tra i tanti) vertici della nostra eccelsa letteratura, ovvero Pinocchio.

Abbiamo, in una parola, consentito che i nuovi "maestri del pensiero", da Corrado Augias ad Eugenio Scalfari passando per Paolo Flores d'Arcais e Hans Kung demolissero, con diuturna perseveranza, gli archetipi che, per loro stessa natura, stavano alla base della nostra civiltà occidentale.

Ma la necessità di identificazione connaturata alla nostra condizione umana non è scomparsa e, anzi, continua ad invocare prepotentemente modelli di ispirazione: solo che oggi, non paghi di aver sostituito Dio con la "costituzione", abbiamo pure permutato Prince Valiant e Tex con la raccolta differenziata e la "solidarietà", perdendoci, e pesantemente, nel cambio.

Forse è anche per questo che ancora oggi qualcuno guarda speranzoso all'America: un paese che, nonostante i tanti mutamenti e gli innumerevoli passi falsi difende e conserva gelosamente la propria storia e le proprie tradizioni; un paese che forse dimenticherà presto Obama, ma che certamente ricorderà per sempre Clint Eastwood e Ronald Reagan.

E noi? Beh, noi siamo a posto: possiamo consolarci con "l'amico" di Al...


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