"Molto si è detto sul caso Schettino e sul caso De Falco. Due uomini, due paradigmi di comportamento umano. Codardo e fellone, il primo; coraggioso, forte, il secondo. Inutile insistere e rendere ancora più insopportabilmente nauseante la realtà dei fatti"
L’audio scioccante della
telefonata del capitano Gregorio Maria De Falco all’ormai famigerato comandante
Francesco Schettino è entrato nella galleria dei generi letterari. Anzi, dei
generi della narrazione contemporanea, delle piazze globali contemporanee, così
cariche di orrori, errori e devastazione morale. Molto si è detto sul caso
Schettino e sul caso De Falco. Due uomini, due paradigmi di comportamento
umano. Codardo e fellone, il primo; coraggioso, forte, il secondo. Inutile
insistere e rendere ancora più insopportabilmente nauseante la realtà dei
fatti. Le chiacchiere stanno a zero, come si dice a Roma. Parlano i fatti. Quel
che colpisce, piuttosto, è un’osservazione della moglie del capitano De Falco, Raffaella.
Quest’ultima si è stupita del fatto che il semplice adempimento del dovere da
parte di un ufficiale induca le persone e i mass media a considerare un eroe
tale ufficiale. “Questo non è normale”. Infatti, non è “normale”. Perché la
“normalità” è un concetto di ordine statistico, che fa la tara e la media tra
il più e il meno, l’alto e il basso, dopodiché produce un dato medio, che
schiaccia verso il basso ciò che sta sopra, e innalza verso l’alto ciò che sta
sotto, quel tanto che basta per livellare. Ma in questo caso non ci sono
livelli in gioco. Neanche umani. C’è la differenza fondamentale tra chi segue
la sua vocazione fino in fondo – “soccorrere”, ha affermato seccamente, De
Falco – e chi la tradisce fino al fondo dell’abisso. Sì, certo, c’è uno
Schettino in ciascuno di noi, è stato osservato correttamente. Ma questo non
spiega e non descrive niente. E’ quel “quid pluris” tra De Falco e Schettino
che rende l’uomo “poco meno degli angeli” e “coronato di gloria e onore”, come
recita il salmo 8. E’ la storia a scegliere i suoi eroi e gli uomini che
seguono la propria vocazione fino in fondo, coloro che sono trascinati da un
dàimon interiore, che abita la propria anima, non si tirano indietro. E’
l’umiltà a non far pronunciare loro la parola “eroe”, ma l’umiltà, come diceva
Santa Teresa di Lisieux, è la verità. La verità di sé. Quando De Falco mette in
gioco – come ha ripetutamente fatto – la categoria di “vocazione”, in realtà,
va ben oltre la dimensione espressiva dell’eroismo, si nutre di anima
generativa e compassionevole. Non c’è niente di “normale” in questa posizione,
è vero, ma. Nello stesso tempo, è nel “normale” compimento del proprio dovere
l’inveramento di questa assai poco “normale” dimensione. Paradossale ed
energicamente votato a permanere nella memoria. Un capitano che soccorre davvero
gli uomini in difficoltà prende il comando. “Sono io che prendo il comando”, ha
ingiunto il capitano De Falco al comandante Schettino. Comanda chi segue la
propria vocazione fino in fondo. E’ capo chi governa la barca, la nave e la
propria vita. E’ capo chi ha una fede da vivere e difendere, principi da
salvare, uomini da amare. Tutto qua. E’ questa la differenza ontologica tra De
Falco e Schettino. La Bibbia presenta tipi umani con differenze radicali, ben
sapendo che, sopra di loro, c’è il Dio “amante della vita”, che tutto giudica e
“fa piovere sui giusti e gli iniqui”. Ciononostante, Erode rimane Erode e David
rimane David. E’ tutto chiaro. Abbiamo formato un paio di generazioni di
codardi, oggi paghiamo il prezzo di questo misfatto. Nel nichilismo, si
dimentica l’origine dell’aggettivo qualificativo “codardo”: e’ detto del falco
cacciatore che tiene la coda bassa. Troppo bassa. “Lei ha dichiarato
l’abbandono nave, adesso comando io! Salga a bordo, cazzo!”. Ecco il punto di
svolta: uno abbandona, l’altro comanda, perché segue un altro criterio, un
altro ordine ontologico, spirituale, morale. “E’ buio”, sibila pateticamente
Schettino. Replica De Falco: “E che vuole tornare a casa. Schettino, perché è
buio, vuole tornare a casa?!”. Ma non può tornare a casa, perché l’anima
vagante casa non ha. Non è un sigillo naturale, è la risposta ad un appello.
Sono le risposte a cambiare perfino lo spessore delle domande. Oggi, forse,
molti più uomini di ieri si domanderanno come sia stato possibile giungere fino
al punto limite di questo disastro. La risposta è nell’eccesso di “normalità”
priva di risposta del cuore. Ad un appello che viene dall’alto.
Nessun commento:
Posta un commento