lunedì 16 gennaio 2012

CONFORMISMO OMOSEX

"Esiste un legame funzionale tra le scelte inerenti al comportamento sessuale dell'individuo e la sua visione politica? Direi proprio di si".

Di Francesco Natale



Qualche anno fa Massimo Introvigne sostenne che l'unica pregiudiziale praticabile oggi è quella anti Cattolica: se da un lato è possibile, quindi, sparare ad alzo zero sul Papa, sul Vaticano, sui preti che sono tutti pedofili nessuno escluso, dall'altro la massima attenzione deve essere prestata quando si parla di minoranze etniche e religiose, quando si parla di immigrazione, quando la difesa di principi non negoziabili discendenti dal Diritto Naturale impone lo scontro politico contro le lobby più disparate, da quella dei "razionalisti" irragionevoli (vedi alla voce UAAR) a quella, in particolare, LGBT (lesbian-gay-bisex-transgender). Il fatto che di lobby si tratti, se necessità ulteriore ci fosse di dimostrarlo, sta proprio nel fatto che questi ultimi si sono pure muniti di apposito acronimo dalla valenza internazionale.

In quanto lobby, ovvero gruppo di pressione, la gang LGBT è portatrice di interessi politici particolari (e non universali) che incidono o, comunque, mirano ad incidere in maniera significativa nella sfera soggettiva e intersoggettiva di tutti i consociati, che questi lo vogliano o meno.

Interessi politici particolari contro i quali non è possibile porre argine dialettico, a causa del conformismo imperante e della iperframmentazione linguistica che ribalta, stravolge e distorce il senso elementare delle parole, le quali cessano di avere un legame con la cosa che dovrebbero definire (la res, propriamente: da qui "Realtà") e divengono semplicemente nebbia: "parole di nebbia", appunto, come da felice definizione di Luca Ricolfi.

E'l'essenza perversa del cosiddetto "politicamente corretto", la forma più devastante di conformismo linguistico, antitetico rispetto alla "rosa" di Gertrude Stein, un "codice" di regole non scritte quotidianamente aggiornato il cui scopo principale consiste nel fare filtrare osmoticamente ciò che appartiene alla categoria dell'innaturale verso il suo opposto ontologico, ovvero il naturale, attribuendo una valenza demiurgica alla parola che diviene semplice contenitore privo di qualsivoglia contenuto: e così la "rosa" può diventare "banana", il "cane" può diventare "elefante", la "costituzione" diviene interscambiabile con "Dio". E guai a chi si ostina a sostenere che "una rosa è una rosa", qualora questo semplice atto cognitivo rispondente a Realtà rischi di risultare inopportuno, offensivo, potenzialmente settario o discriminatorio: si viene automaticamente esclusi dalla cerchia delle "anime belle" per essere rispediti con disonore nella fossa dei trogloditi.

Questo è il danno più grave che la correttezza politica ha inflitto alla nostra Realtà: ha riscritto giorno dopo giorno le regole della nostra convivenza civile, che "civile" non può più essere perché ormai fondata esclusivamente sull'oltraggio sistematico e diuturno alla Verità.

E, a pena di essere marchiati a fuoco come barbari incivili, tutti devono piegarsi a questo circo di acrobazia linguistica il quale, annichilendo l'aderenza al reale della parola e trasformando così ogni discorso, ogni dibattito, ogni scontro dialettico in una insostenibile passeggiata sulle uova ha completamente svuotato di significato la giusta, legittima e sacrosanta diatriba politica: perché ogni logos realmente politico implicherà l'accensione di un conflitto con una o più controparti e l'idea stessa che possano esistere soluzioni politiche a costo zero, ovvero postulanti la possibilità che nessuno si faccia male e che non siano lesi gli interessi di nessuno è come minimo infantile, quando non apertamente criminale.

Ne sa qualcosa l'ex assessore alla mobilità del Comune di Lecce, Giuseppe Ripa, il quale è stato costretto alle dimissioni dopo aver scritto sulla pagina Facebook del Sindaco Paolo Perrone che Nichi Vendola è "una femminuccia afflitta da turbe psichiche", in riferimento allo stato disastroso della sanità in Puglia.

La dissociazione dalla parole di Ripa è stata immediata: dal Sindaco Perrone agli organi periferici del PDL tutti si sono affrettati a stigmatizzare le parole dell'ex assessore, profondendosi in scuse umiliatissime verso Vendola e richiedendo a gran voce, torce e forconi alla mano, la testa di Ripa.

La cosiddetta "stampa di (ex) regime", ovvero il "Giornale" ci ha messo del suo, accostando le dichiarazioni pecorecce di Ripa a quelle paranaziste di qualche scalmanato leghista che tempo addietro propose l'apertura di forni crematori per i Rom e la castrazione chimica per impedire agli extracomunitari di riprodursi troppo velocemente. Guerra a tutto campo e senza quartiere, insomma, cui ha fatto seguito la prevedibile Untergang di Ripa, grazie in particolare non tanto ai rappresentanti dell'Arcigay, quanto alla solerte opera di "correzione politica" dei suoi stessi compagni di partito. Vendola ha prudentemente taciuto, ben conscio che il suo silenzio avrebbe fatto da catalizzatore per la reazione autonoma, tutta "made in Stoccolma", del PDL pugliese evidentemente afflitto da gravissimo complesso di inferiorità e ansioso di dimostrarsi "micio, bello e bamboccione" agli occhi severi della lobby LGBT. La quale oggi può vantare di avere fatto silurare, e senza nemmeno essersi sporcata le mani in prima persona, un assessore di un importante comune del Sud Italia. Chapeau, niente da dire.

Ora, non interessa qui stabilire se Ripa sia stato o meno un assessore buono o mediocre, né connotare come più o meno opportune le sue esternazioni su un canale, per altro, non istituzionale quale è Facebook, quanto più sviluppare considerazioni realmente, una volta tanto, politiche.

In primo luogo: esiste un legame funzionale tra le scelte inerenti al comportamento sessuale dell'individuo e la sua visione politica? Direi proprio di si.

Soprattutto per quanto riguarda l'approccio politico a quei principi non negoziabili cui accennavamo poc'anzi.

E'infatti assolutamente lecito pensare che l'agenda politica di Nichi Vendola in materia di "unioni civili", adozione per single o coppie gay, somministrazione della pillola abortiva RU486, supporto o negazione del medesimo ai medici obiettori di coscienza, endorsement del "Gay Pride" con eventuale cospicuo pubblico finanziamento, istruzione scolastica primaria atta alla equiparazione delle "diverse famiglie" (vedi alla voce Pierfrancesco Majorino) sia sostanzialmente divergente da quella del Governatore Roberto Cota.

Questo non solo per una specifica appartenenza politica, ma anche, giocoforza, per la specificità di una scelta comportamentale in apparenza personale, ma che in realtà si traduce in azione politica generale per tutti i consociati.

E allora, assodato che da una scelta personale discendono approcci politici ben delineati, non c'è nulla di fascista, di settario, di discriminatorio nel sostenere con limpida chiarezza che molti elettori, compreso il sottoscritto, non vogliano essere amministrati da un omosessuale.

Non per questioni di carattere moralistico, attenzione, perché questo sarebbe riduttivo e ci costringerebbe a giocare secondo le regole, politicamente corrette of course, dell'avversario, ma per una questione prettamente politica.

Fermo restando il fatto che l'Uomo è tale sempre e comunque, e quindi ha sempre dignità e diritti soggettivi, le scelte che questo compie sono invece perfettamente opinabili, criticabili o apprezzabili, soprattutto se dette scelte comportano l'accoglimento di istanze particolari antitetiche, quindi apertamente confliggenti, con principi non suscettibili di secolarizzazione.

Quindi liberissimo Vendola di candidarsi, coagulare consenso riguardo a determinate battaglie "moderniste" ed, eventualmente vincere le elezioni regionali così come le primarie del PD: nessuno ha la benché minima intenzione di impedirglielo sulla base di criteri puritani stantii come il formaggio ammuffito e assolutamente antipolitici.

Allo stesso modo non c'è nulla di irrispettoso, retrogrado o abominevole nel sostenere apertamente che la sua omosessualità, per altro mai nascosta, possa rappresentare uno scrimine politico determinante perfettamente rispondente al libero esercizio dei propri diritti soggettivi. Bollare tale libera espressione come inaudita, inopportuna e discriminatoria, questo sì, sarebbe fascismo allo stato puro...




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