sabato 4 febbraio 2012

Deve fallire

"E poi dicono del commissariamento della Merkel! Che la Merkel ci commissaria! Magari! Domani, cazzo, ci commissariasse, almeno se levamo de torno 'sta mmerda...". Un cinquantenne di Tarquinia, un geometra, che lavora come tutti noi e, per lavoro, è costretto ad attraversare quella sottospecie di suburra che è diventata Roma, millantata come Capitale, al più un capitolo da chiudere o riaprire con un altro incipit, please. Incazzato, come tutti noi, avventurieri per un giorno, in una roma che ha deciso di fottersene, come sempre, dei cittadini e dei singoli, quietamente adùsa a pavoneggiarsi con gli algoritmi dello scaricabarile: Alemanno è riuscito perfino a dire - ahahah! - che "il meteo non l'aveva avvertito" (sic!). Quattro fiocchi di neve hanno letteralmente bloccato Roma. Due settimane di tamtam su 'sta roba del freddo, del gelo, delle truppe nordiche provenienti dalla Mongolia, con tanto di appendice letteraria sul mito del "generale inverno" e questo primo cittadino di una città millantata come Capitale ci viene a raccontare del gap tra meteo e centro strategico di soccorso, cazzate di questa natura. Morale della favola. Devo ritornare a Grosseto e prendo il solito regionale veloce; meglio: salgo sul treno, a Termini, dopo aver correttamente obliterato il biglietto; salgo in carrozza, mi metto comodo, oh! ce l'ho fatta, dopo un pò di ciac-ciac per Roma sono alfine giunto a destinazione, faccio in tempo ad ingoiare un bel panino, 3,50 euri, lo chiamano "Scilla", e subito mi accorgo di essere catapultato nella Cariddi dello svenimento della ragione: "Contrordine compagni viaggiatori! Si deve andare tutti a Ostiense, perché da qui non si parte; metro B, please, prego circolare...". Tutti in fila indiana come coglioni metropolitani all'addiaccio in direzione fottuta metro b, direzione Piramide, dove troveremo la stazione Ostiense dei miracoli ad accoglierci. Nel frattempo, facciamo in tempo, giunti colà a vedere in diretta un'oca che ha scambiato la carrozza della metro per il treno chiamato desiderio e, appiccicata alla borsa che ha infilato nella porta del treno della metro, per un pelo non si sfracella; certo, è riuscita a bloccare ogni operazione di sfollamento truppe verso Ostiense, facendo dilatare petto e cinturone ad un coglione di guardia giurata che provava a fare il Russel Crowe della situazione: "Ahò, nun ve preoccupate, nun toccate gnente, bboni...nun se pò annà più a Ostiense cò 'sta carozza, scennete...", in quello slang globalizzato che legittima chiunque a parlare un lemma non genitoriale solo perché così fan tutti, incluso il coglione di cui sopra. Alla fine, eccoci a Ostiense, binario 4, un freddo bestia, girandola di treni soppressi, un intercity direzione Ventimiglia a fare da mediano di spinta, soprattutto della speranza, e poco altro, il regionale veloce per Pisa era il sogno erotico di un pomeriggio di fine inverno, con il direttorio del nulla chiamato Ferrovie dello Stato a scortare con la voce chiamate deliranti di treni prima in vita, poi soppressi, infine resuscitati. Avanti-andré così, con gente che saliva su treni fantasma, arrivava a Termini, per poi scendere, e gente che, con il treno fermo a Termini, doveva raggiungere Ostiense per non meglio precisato motivi. L'immagine del caos italiota in diretta. Alla fine, dopo sei ore, sono giunto a Grosseto, con in testa un'idea fissa, da matto: l'Italia deve fallire. Sì, deve proprio andare giù come un sacco vuoto. Merita di fallire. Perché solo così gli uomini veri potranno farsi avanti e cancellare dal davanzale le comari di Montecitorio e del Comune più disastrato d'Italia, che polemizza con i capi della protezione civile, senza nessun numero per poterlo fare. non è vero che la politica - da noi amata visceralmente - sia tutto e che tutto possa reggere e giustificare. Così pensavano i comunisti, i fascisti e i nazisti; no, cazzo, non è così: giù tutto. Monti è un pezzo di questo sistema, ma non mi interessa in questo momento. Finché qualcosa ancora sarà retta da noi poveri coglioni che ci mettiamo sei ore per fare tragitti di 2 e mezza e poi dobbiamo arrenderci alla legittimazione indiretta del commissariamento tedesco, a cagione di tanto smembramento di ethos, civiltà e umanità, niente cambierà. Aveva ragione Miglio: giù tutto. E ciò non per impoliticità demagogica, ma per sottile senso politico. Il Comune di Roma ha qualcosa come 62mila dipendenti, in crescita esponenziale. Bene, un sindaco vero precetta 2mila di questi signori, muniti di pala, e giù a spalare neve, per aiutare i cittadini, secondo norme e statuti comunali, civici, umani. Come diceva Gaber: qui manca l'uomo, non c'è più l'uomo. Senza questo fattore - il Fattore P, come Persona -, tutto viene giù, e allora che vada giù. Se nessuno di lorsignori ha intenzione di dedicarsi alla res publica o di fare quanto coscienza e dovere richiederebbe, magari minacciando certificati di deficienze alla schiena o vattelapesca cosa, perché spalare è duro, ma fa bene all'anima e aiuta chi è in difficoltà - sto congetturando, anzi immaginando un'Italia che non c'è -, allora tutto crolla, e l'Urbe deve essere presa con la forza dai Lanzichenecchi, che, in fondo, sono già nel nostro umbratile immaginario, come testimonia il ruvido e intelligente geometra di Tarquinia, il quale, mentre ingoiava il fumo della sua Pall Mall, biascicava il vero: "Qui è tutto un casimo, te lo dico io, va tutto in vacca". Vox populi, vox Dei. E chi dice che siamo nel girone grigio dell'anti-politica, che peste o Termini in rotta, lo colga.


Raffaele Iannuzzi

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