sabato 7 aprile 2012

LO STATO SULLA/DELLA NAZIONE

La crollo strutturale della Lega non è una questione morale, ma politica. Non è con il moralismo e neanche con la riforma del finanziamento pubblico dei partiti che si risolve il problema. Perché non si tratta di un "problema" gestionale, ma di una crisi storica e verticale. L'Italia, a partire dai prmi anni '90 del secolo scorso, ha chiuso bottega ed è diventata una nazione alla mercè di poteri extra-politici. Prima la magistratura con Tangentopoli. Poi l'avanzata delle élites sedicenti "politiche" al governo del Paese. Vent'anni di disastri e fallimenti a catena. Berlusconi ha destrutturato il suo progetto di rivoluzione liberale (non gobettiana), passando dalle famose due aliquote, dunque alla rivoluzione fiscale, al tetto di spesa pubblica più elevato da cinquant'anni a questa parte, fino alle comiche finali dell'appoggio ad un direttorio tecnico che, di fatto, gestisce le risorse della nazione con metodi più vicini all'esproprio non proletario, ma commissariale, che non al liberalismo, se non anglosassone, almeno continentale, di buona scuola. I due grandi partiti, Pdl e Pd, sono afasici, spenti e hanno investito sulla loro sopravvivenza foraggiando di voti il carnefice dell'Italia. La Lega cade proprio quando esce dal "circolo magico" dell'endorsement a Monti - il vero "circolo magico" - e gioca una partita tutta sua, all'opposizione. Che la Lega non fosse un partito "diverso" era chiaro ai più attenti osservatori della politica e Bechis lo documenta, attingendo ad esperienze personali e qualche fatterello non propriamente banale degli anni '90, su "Libero". Leonardo Facco ha scritto un libro sulle malefatte finanziarie e gestionali della Lega, riconducendo il tutto allo scacco di una politica nata negli anni '90 contro lo stato e finita a scroccare risorse dal Leviatano, esattamente come tutti gli altri. E questo perché? Semplice: perché, quando fai politica in una democrazia corporativa come la nostra ed hai centinaia di migliaia di militanti da sostenere, gente spesso proveniente dalla sinistra ed abituata a ragionare come gli scalatori del Leviatano pro domo sua, non puoi che giungere a quanto oggi emerso nei fascicoli giudiziari. Oggi non abbiamo più memoria storica, neanche memoria breve, dunque non ricordiamo più gli sciagurati anni '90. La retorica anti-politica, giustizialista e giacobina ha dipinto gli anni delle manette, della finanza anglosassone e dei poteri forti stranieri che vogliono un'Italia malleabile ai disegni di "modernità" da loro vagheggiati per fini inconfessabili, delle monetine lanciate contro Craxi e via discorrendo, come l'Età dell'Oro, ma, in realtà, è stata l'età della decadenza storica del sistema-Italia e la fase che ha aperto la strada alla tecnocrazia monocratica, finto-liberale, eurocratica e costruttivista che oggi domina, più che governare, la politica. A ciò aggiungiamo la deriva nichilista, lo smantellamento del welfare familiare efficiente e l'ascesa del welfare istituzionale inefficiente, leggi alla voce "stato", e la partita è chiusa. Endgame, come scriveva Beckett, fine del gioco, mentre le folle (ormai) anonime e rigonfie di suicidi - 70 dall'inizio del 2012 - o potenziali suicidi si avvelenano con dosi massicce e sempre più virali di rabbia. La Lega, all'opposizione, dopo aver fatto opposizione al progetto originario - per necessità di riproduzione del suo gruppo di comando in un sistema corporativo e statolatrico come il nostro - è il frutto di questa vicenda. Una vicenda largamente costruita sulle macerie della migliore classe dirigente che il Paese abbia avuto,  cresciuta nell'alveo, condiviso a livello popolare, delle comunità storiche italiane, dal cattolicesimo al socialismo democratico; una storia che oggi si prende le sue rivincite, come per una giusta nemesi e da molti invocata, ma in un contesto massacrato dal fallimento di questa "classe dirigente" - inevitabilmente degenerata in "classe digerente" - mediocre, senza cultura, impallinabile da qualunque notabile fintamente tecnico di turno. Paradossalmente, nonostante tutto, c'è in giro una grande fame di politica ma, caso più unico che raro, non canalizzabile verso un vero progetto da questa catacombale e spettrale sommatoria di fallimenti, anche umani. Si apre una voragine, in questo Paese, che probabilmente farà anche nuovi caduti e nuovo sangue, di qui a breve. Ma, se fallisci e non comprendi le ragioni del fallimento, anzi ti ostini a tener duro con la guerra retorica delle dichiarazioni, perfino davanti a questa indecente contro-riforma del lavoro (da cassare per intero in Parlamento), e qui parlo del Pdl, allora non c'è più partita e il residuo contabile sarà il tuo destino. Con la Lega al tracollo, il Pdl alle corde e il Pd smembrato, la politica esce di scena. Qualcuno dovrà gestire il potere e lo farà chi non rappresenta nessuno, ma dirige tutto: la tecnocrazia di stato. Questo è lo stato sulla e della nazione. Lo stato senza maiuscola che sgonfia la democrazia e si nutre del crack dei partiti. Buona Pasqua.
Raffaele Iannuzzi

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